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12. La collezione Roberto Starec. Strumenti musicali dal Mediterraneo

La collezione comprende circa duecento strumenti della tradizione musicale popolare, raccolti a partire dal 1976 dall’etnomusicologo triestino Roberto Starec (1949-2012), le cui ricerche si sono indirizzate in una vasta area comprendente tutto il bacino del Mediterraneo, dalla penisola iberica alle coste settentrionali dell’Africa, passando per l’Italia, la Grecia, la Turchia e la Siria fino alla zona balcanica. Si tratta di strumenti di diverse epoche, alcuni di pregevole fattura, altri di natura più povera, ma tutti ugualmente significativi sotto l’aspetto antropologico e musicale. L’esposizione segue i criteri indicati dallo stesso Starec, evidenziando i rapporti tra strumenti provenienti da aree geografiche diverse ma appartenenti alle stesse famiglie organologiche. Attraverso il raffronto di analogie e differenze si sottolinea l’intreccio di relazioni e di scambi culturali riscontrabile, anche per gli strumenti musicali, nel contesto dell’area mediterranea.

La collezione è confluita nelle raccolte del Museo Teatrale in due tempi, nel gennaio 1997 con un acquisto e nel 2000 grazie al dono della Fondazione CRTrieste.

Le famiglie di strumenti

In questa sezione gli strumenti sono stati raggruppati nelle vetrine secondo i moderni criteri scientifici della classificazione degli strumenti. A seconda della natura del materiale messo in vibrazione ai fini della produzione del suono, si possono individuare quattro classi. In ordine progressivo di complessità incontriamo gli idiofoni, i membranofoni, gli aerofoni e i cordofoni.

Idiofoni

Negli idiofoni il suono è prodotto dalla vibrazione del materiale stesso di cui lo strumento è costituito.

I membranofoni

Il suono di questi strumenti è prodotto dalla vibrazione di una o due membrane generalmente in pelle animale tese sopra un risuonatore di varia natura.

I numerosi membranofoni presenti nelle collezioni del museo permettono di apprezzare la varietà di materiali usati per la cassa di risonanza e le tecniche utilizzate per fissarvi la membrana: cucita, incollata, legata, inchiodata. Sono tamburi a barile o a cornice, da percuotere liberamente con le mani o per mezzo di appositi battenti. È presente anche il putipù, raro esempio di tamburo a frizione.

Gli aerofoni

Negli aerofoni il suono è prodotto dalla vibrazione dell’aria.

In questo corridoio l’attenzione è rivolta in particolare a strumenti in cui la colonna d’aria è contenuta all’interno di uno o più canneggi. Una sezione è dedicata alle ocarine e ai fischietti decorati, costruiti per lo più in terracotta, ma anche in legno. Un’altra espone una serie molto variegata di aerofoni a imboccatura naturale: flauti diritti o traversi, da tenere con tutte due le mani o solo una, con un unico o più canneggi, con imboccatura a becco o diritta.

I cordofoni

Sono gli strumenti in cui il suono è prodotto dalla vibrazione di una o più corde.

Questa sezione accoglie pezzi di grande raffinatezza costruttiva e caratterizzati da preziosissimi dettagli decorativi. La parte più lunga della vetrina è dedicata ai cordofoni a pizzico, nelle loro varietà a manico lungo o corto, corpo panciuto o piatto, accordature più o meno complesse. Nella parte corta sono invece esposti gli strumenti a corde strofinate.

Il kanum

Simile al salterio della musica occidentale medievale, il kanum (qanun) è strumento tipico della musica mediorientale. Lo si trova in Egitto e Siria, paesi nei quali pare aver avuto origine, ma anche in Turchia, in alcune regioni dell’Africa settentrionale e perfino in India. Curt Sachs ne individua un riferimento già in un racconto delle Mille e una notte, intorno all’XI secolo.

È una cetra a tavola, di forma trapezoidale, le cui corde vengono pizzicate dalle dita e da plettri, fissati agli indici tramite due anelli. Le corde, una volta in budello e oggi per lo più in nylon, vengono intonate di volta in volta grazie ai numerosi perni presenti sul lato obliquo del trapezio. La parte della tavola armonica su cui poggiano i quattro piedi del lungo ponticello è in pelle.

Il gusle

Il gusle è uno strumento balcanico, diffuso tra i popoli slavi del sud, dalla Serbia, alla Croazia, alla Cecoslovacchia, alla Bulgaria, alla Russia meridionale, fin dal XIII-XIV secolo. Il guslar è il suo suonatore, compone poemi e melodie e canta le gesta degli eroi e storie a sfondo mitologico, familiare, rituale, amoroso.

È un cordofono monocorde, la cui cassa, ricoperta di pelle animale, viene intagliata nel legno con grande maestria e ricchezza figurativa. Il manico è spesso scolpito con animali simbolici e sul fondo della cassa non mancano segni, stemmi, richiami al mondo vegetale e animale. La sua unica corda è costituita di crini di cavallo e viene strofinata da un archetto molto ricurvo.

La ghironda

Le prime rappresentazioni iconografiche di uno strumento identificabile come antenato della ghironda risalgono al XII secolo. Era tanto grande da dover essere suonato da due persone contemporaneamente: l’una per azionare la ruota, l’altra alla tastiera.

Un secolo più tardi lo ritroviamo ridotto di dimensioni con il nome di symphonia. Diventato più maneggevole e uscito dalle chiese, diventa lo strumento di accompagnamento di cantori girovaghi e menestrelli, assumendo la sua peculiarità di strumento popolare e molti nomi diversi.

Le sue corde vengono strofinate per mezzo di una ruota a manovella. Possiede alcune corde per la melodia, la cui porzione vibrante viene determinata dalla pressione sui tasti ben visibili all’esterno.

Palazzo Gopcevich

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